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tema, Illustrissimo Signor Barone, ch’io voglia ridirle in faccia tutto ciò che di Lei mi ha detto, e quanto io medesimo ho potuto poi rilevare. Non vorrei eccitare la di lei modestia a rimproverare l’amico, e meritarmi io il di Lei sdegno, in tempo che bramo sempre più assicurarmi del suo benignissimo affetto. Questo foglio le caderà sotto gli occhi, perch’io intendo di pubblicarlo nel secondo Volume della mia novella Edizione1, nel presentarle con esso una mia Commedia, raccomandata al nome suo venerabile, per una testimonianza del mio rispetto, e del mio umilissimo aggradimento. Egli è certo, ch’io desidero di piacerle, e che cercherò di evitare tutto ciò che le potesse esser discaro, e principalmente le lodi, di cui so Ella essere saggiamente nemico. Ma Ella da troppa gente avrebbe a guardarsi, se tutti coloro temer volesse che la conoscono ed anelano a pubblicar le sue lodi. Non può certamente sdegnare, che dicasi della di lei casa principalmente quel che le storie ne dicono, sendo l’illustre di Lei Famiglia una delle quattro principali dell’Umbria, decorata mai sempre dai primi onori Ecclesiastici, e secolari, con Porpore Cardinalizie, con Varie Croci, fra quali l’insigne luminosa di Malta, che maggiormente risplende nel Signor Comendatore di Lei Fratello. Nell’armi e nelle lettere parimenti si è sempre segnalata la sua Famiglia, e ciò si sa comunemente de’ suoi Maggiori, e s’ella volesse dare ad intendere di non avere in sè i medesimi fregi, non gli riuscirebbe di farlo, giacchè pubblico si rende il di lei talento e il di lei sapere col libro utile che ha sotto il torchio, risguardante il Comercio attivo e passivo della Città di Spoleto. Cosa bens) potrà parere maravigliosa, che un Cavaliere di sangue illustre, ricco di beni di fortuna, e non bisognevole di comerciare, impieghi il suo tempo e le sue attenzioni in cosa utile non per se stesso, ma per la Patria. Ciò spiega il vero carattere del buon Cittadino, e dà sempre più a conoscere, che la Mercatura non è messe indegna de’ Cavalieri, e che tutti deonsi onoratamente impiegare al pubblico bene, a contribuire alla pubblica felicità. Fin qui non può ella rimproverarmi di aver detto cosa che potesse nascondersi, sendo

  1. Intendesi l’ed. Pasquali: v. pag. precedente, n. 1.