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SCENA X.1
Milord Bonfil e Milord Artur, poi il Cavaliere Ernold.
Bonfil. Sì, Pamela fu sempre mai lo specchio dell’onestà; voi avrete il merito di averla villanamente sedotta.
Artur. Siete con essa ingiusto, quanto meco voi siete ingrato.
Bonfil. La vostra falsa amicizia non tendeva che ad ingannarmi.
Artur. Le vostre indegne parole meritano di essere smentite col vostro sangue.
Bonfil. O il mio, o il vostro, si spargerà in questo punto.
Artur. Il Cielo farà giustizia alla verità. (si battono)
Cavaliere. Alto, alto, fermatevi.
Bonfil. Eh andate.
Cavaliere. Milord Bonfll, mi meraviglio di voi. La sfida è corsa primieramente fra Milord Artur e la mia persona. Per compiacervi ho differito l’incontro, ma con esso, in regola di buona cavalleria, non vi potete battere prima di me. Io che ho viaggiato, queste regole le ho imparate.
Artur. Saprò rendere sodisfazione e all’uno, e all’altro, se occorre.
Bonfil. Io tengo la spada in mano. Voi non vi siete proveduto delle pistole.
Cavaliere. Eccole qui preparate, e se non bastano due, eccone quattro; e ve ne sarà una per voi, se volete. Facciamo alla sorte, chi si ha da battere il primo. Se muore Artur, è finita; se muore uno di noi, subentri l’altro. Di questa sorte di sfide in terzo, io che ho viaggiato, ne ho vedute parecchie.
Bonfil. Andiamo giù nel giardino. (parte)
Artur. Andiamo. (parte)
Cavaliere. Eh! con me non si possono mettere. (parte)