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156 | ATTO TERZO |
zature; ad ogni menomo insulto si riscalda il sangue, si rinnovan le risse1: è meglio troncare affatto il legame, e poichè dalle nostre leggi viene in caso tale favorito il divorzio, sarebbe imprudenza l’impedirne l’effettuazione.
Ernold. Io che ho viaggiato, vi potrei addurre cento esempi in contrario.
SCENA X.
Pamela, madama Jevre e detti.
Pamela. (No, Jevre, non ricuso umiliarmi ai miei stessi nemici, ma dubito sarà inutile ancor questo passo). (piano a Jevre)
Jevre. (Lo stato miserabile in cui vi trovate, vi obbliga a tentare ogni strada). (piano a ’Pamela)
Ernold. (Eccola. Poverina!) (a Miledi)
Miledi. (Pare che si vergogni a raccomandarsi). (ad Ernold)
Jevre. (Fatevi animo, e non dubitate). (a Pamela, e parte)
Ernold. Via, Madama, venite innanzi: di che avete paura? (a Pamela)
Pamela. La situazione, in cui mi ritrovo, mi avvilisce e mortifica al maggior segno. Se potessi lusingarmi di esser creduta innocente, mi getterei a’ vostri piedi a domandarvi pietà; ma dubitando che nell’animo vostro si nutrisca il sospetto della mia reità, non so se più mi convenga il tacere, o il giustificarmi.
Ernold. (È pur è vero: una bella donna languente comparisce ancora più bella).
Miledi. Pamela, quando si vuol ottenere una grazia, convien meritarla, principiando dal dire la verità. Confessate la vostra passione per milord Artur, e fidatevi di essere da me compatita.
Pamela. Ah no, non sarà mai ch’io voglia comprare ad un sì vil prezzo la mia fortuna. Amo unicamente il mio sposo, ho amato sempre lui solo; l’amerò sin ch’io viva; l’amerò, benchè
- ↑ Ed. cit.: Si rinnova la bile.