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PAMELA MARITATA | 147 |
in sospetto. Chi può parlare per noi, chi può trattare la nostra causa, chi può farci fare giustizia?
Conte. Io, figlia, io stesso andrò a gettarmi ai piedi del Re, e colle mie lacrime, e colle mie preci...
Pamela. Voi ardireste di presentarvi al monarca? Voi, che tuttavia siete oppresso dalla divisa di reo, vi arrischiereste di precipitare la grazia, di cui vi potete ancor lusingare?
Conte. Che giovami una tal grazia, se fia disonorato il mio sangue? Pochi giorni di vita mi rimangono ancora, e poco goder io posso del reale rescritto. Sì, vo’ morire, ma vo’ morire onorato. Presenterò al regal trono un reo cadente, ma sosterrò la causa della mia figlia. Il Re non può confondere l’innocenza vostra colle mie colpe. A costo della mia morte farò palesi gl’insulti che a voi si fanno; e sarà un testimonio di verità manifesta mirar un tenero padre, che si sacrifica volontario per la propria figlia innocente.
Pamela. Ah, tolga il cielo un sì tristo pensiero dalla vostra mente.
Conte. Figlia, se voi mi amate, non m’impedite un passo indispensabile al nostro decoro. Ve lo comando coll’autorità che ho sopra di voi. Lasciatemi andare, e raccomandatemi ai numi. Se più non ci vediamo qui in terra, ci rivedremo un giorno nel cielo. La vostra povera madre sarà in viaggio per Londra. Abbracciatela in nome mio. Consolatela, se potete... Cara figlia, il cielo vi benedica. (parte)
Pamela. Ahi! mi sento morire1 (parte)
Fine dell’Atto Secondo.
- ↑ Ed. cit.: Ohimè... Mi sento morire.