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144 | ATTO SECONDO |
Miledi. Mio nipote?
Longman. È sanissimo.
Pamela. Milord Artur?
Longman. L’ha passata bene.
Miledi. Come andò la facenda?
Longman. Uditela, che è da commedia.1 Altercavano fra di loro il padrone e milord Artur, entrò il Cavaliere per terzo, e si è riscaldata la rissa. i due primi avrebbero voluto venire all’armi, ma temevano i rigorosi divieti di questo Regno. L’imprudentissimo Cavaliere, che ne’ suoi viaggi ha imparate le costumanze peggiori, promosse in terzo la sfida della pistola. Toccò a lui a battersi primo con milord Artur. Si posero in certa distanza. Il Cavaliere tirò, e la pistola non prese fuoco. Milord Artur corse avanti, e gli presentò la pistola al petto. Il Cavalier se la vide brutta. Pretendeva di poter prendere un’altra pistola. Milord Artur sosteneva esser padrone della di lui vita, e milord Bonfil, cavaliere onorato, quantunque nemico di milord Artur, diede ragione a lui, diede il torto al Cavaliere, e questi con tutto lo spirito di viaggiatore2 principiava a tremare dalla paura. Milord Artur fece allora un’azione eroica. Disse al Cavaliere: Io son padrone della vostra vita, ve la dono; e sparò la pistola in aria. Il Cavaliere non sapeva di esser vivo o morto. Stette un pezzo sospeso, e poi disse a milord Artur: Milord, io che ho viaggiato, non ho trovato un galantuomo maggiore di voi. Il padrone si disponeva colla pistola a battersi con milord Artur. Il Cavaliere gliela tolse di mano, e la scaricò contro un arbore,3 fece un salto per l’allegrezza, e tirò fuori il suo taccuino per registrar questo fatto. Milord Artur se n’è andato senza dir niente. Il padrone partì bestemmiando, e il Cavaliere restò in giardino, cantando delle canzonette francesi.
Pamela. Sia ringraziato il cielo. Niuno è pericolato.