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PAMELA MARITATA 143


come voi mi odiate. Mi preme salvar l’onore, spero di farlo, ma se potessi contro di voi vendicarmi, credetemi, non lo farei. Lo sapete se vi sono stata amica una volta, e malgrado all’ingratitudine, lo sarei ancora nell’avvenire.

Miledi. Vi ascolto per ammirare fin dove giunge l’ardire1 ì di una rea convinta.

Pamela. Chi rea mi crede, mentisce.

Miledi. A me una mentita?

Pamela. Perdonatemi, non intendo di darla a voi, ma a chi ingiustamente mi accusa.

SCENA X.2

Isacco e le suddette.

Isacco. Miledi. (salutando Pamela) Miledi. (salutando miledi Daure)

Miledi. Che cosa e’è?

Isacco. Il padrone, milord Artur, il cavaliere Ernold si battono alla pistola.

Pamela. Il mio sposo?

Miledi. Mio nipote?

Isacco. Miledi. Miledi. (saluta e parte)

SCENA XI.

Miledi Daure, Pamela, poi monsieur Longman.

Pamela. Oh numi! soccorrete il mio sposo.

Miledi. Vo’ cercar d’impedire, se fia possibile...

Longman. Dove andate, signora?

Pamela. Milord è in pericolo.

Longman. Trattenetevi, che l’affare è finito.

Pamela. Il mio sposo?

Longman. È salvo.

  1. Ed. cit.: la sfacciataggine.
  2. Questa scena, com’è nella citata ed. di Roma, vedasi in Appendice (a. II, sc. XIII).