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PAMELA MARITATA | 131 |
Bonfil. Quella lettera a me. (con autorità)
Isacco. Sì, signore. (gliela dà)
Bonfil. Vattene. (Isacco parte)
SCENA XV.
Milord Bonfil solo.
Pamela scrive una lettera a milord Artur? senza dirmelo? per qual ragione? Aprasi questo foglio. Mi trema la mano; mi batte il cuore. Preveggo la mia rovina. (apre e legge)
Milord.
Mio marito mi ordina improvvisamente portarmi con lui alla contea di Lincoln. È necessario ch’ella lo partecipi a milord Artur? Che confidenza? Che interessatezza ha con lui? Voi sapete, ch’io lascio in Londra la miglior parie di me medesima... Come! non sono io la parte più tenera del di lei cuore? Chi mi usurpa quel posto, che per tanti titoli mi conviene? E mi consola soltanto la vostra bontà, in cui unicamente confido. Ah, mi tradiscono gli scellerati. Non mi spiego più chiaramente, per non affidare alla carta un segreto sì rilevante... No, non permette il cielo che colpe simili stiano lungamente occulte. Voi sapete il concerto nostro di questa mane... (Ah perfida!) e spero che, a tenor del medesimo, vi regolerete con calore, e prudenza. Se verrete alla contea di Lincoln a recarmi qualche consolazione, terminerò di penare. Mi sento ardere; non posso più. Mio marito vi vedrà Volentieri. Sì, perfida, il mio buon cuore non mi farà conoscere un mio rivale? Ma che dico un rivale? un empio profanatore del decoro e dell’amicizia. Ingratissima donna... E sarà possibile che la mia Pamela sia ingrata? Sì, pur troppo, non vi è più ragione per dubitare. Non ho voluto credere al Cavaliere, non ho voluto credere a mia sorella; Jevre è d’accordo; Artur è mendace; Pamela è infida. Ma quei tremori, quei pianti, quelle dolci parole?... Eh, simili inganni non sono insoliti in una donna. Quella