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130 ATTO PRIMO

SCENA XIII.1

Pamela, poi Isacco.2

Pamela. Non credo mai, che se mio consorte3 venisse a risapere che io ho scritto questo viglietto, potesse di me dolersi. Finalmente mio padre istesso mi ha consigliato a scriverlo ed a mandarlo. Tutto è all’ordine per la partenza, e se si allontana da Londra il mio sposo, Artur solamente può sollecitare la grazia per il povero mio genitore. Dall’acquisto della sua libertà dipende la risoluzione di far venire mia madre. Muoio di volontà di vederla. Amo i miei genitori più di me stessa, e4 Isacco.

Isacco. Miledi.

Pamela. Sai tu dove abiti milord Artur?

Isacco. Sì, signora.

Pamela. Recagli questa lettera.

Isacco. Sì, signora.

Pamela. Procura di dargliela cautamente.

Isacco. Ho capito.

Pamela. Secondate, o cieli, i miei giustissimi desideri. (parte)

SCENA XIV5.

Isacco, poi Milord Bonfil.

Isacco. (Osserva la lettera, la pone in tasca, e s’incammina.)

Bonfil. A me quella lettera. (ad Isacco)

Isacco. Signore.... (dubbioso)

  1. Nella cit. ed. di Roma precede la breve scena tra il servo e Pamela, che qui ha luogo dopo il soliloquio: v. Appendice.
  2. Nelle edizioni del Settecento leggesi per errore Isacco, poi Pamela. Nella ed. di Roma questa è scena XIV e dicesi Pamela sola.
  3. Ed. cit.: se ’l mio consorte.
  4. L’ed. cit. aggiunge: Cielo, seconda tu i miei giustissimi desideri, parte». E così finisce la scena.
  5. Si veda nell’Appendice la presente scena, quale si legge nell’ed. cit. di Roma, dove porta il numero XV.