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118 | ATTO PRIMO |
Ernold. Sì, ve l’accordo; fu ardire il mio nell’inoltrare il passo qua dentro. Ma a bella posta l’ho fatto. Miledi sola potea ricusar di ricevermi; ma in compagnia d’un altro non mi dovea commettere un simil torto. La parzialità, che per voi dimostra, non è indifferente; io me ne sono offeso, e ho voluto riparare l’insulto con un rimprovero che le si conviene.
Artur. Siete reo doppiamente: di un falso sospetto, e di un’azione malnata. Voi non sapete trattar colle dame1.
Ernold. E voi non trattate da cavaliere.
Artur. Vi risponderò in altro luogo. (in atto di partire)
Ernold. Dove e come vi piace.
SCENA V2.
Milord Bonfil e detti.
Bonfil. Amici.
Artur. Milord. (in atto di partire)
Bonfil. Dove andate?
Artur. Per un affare.
Bonfil. Fermatevi. Vi veggo entrambi adirati. Posso saper la causa delle vostre contese?
Artur. La saprete poi; per ora vi prego di dispensarmi.
Ernold. Milord Artur non ha coraggio di dirla.
Bonfil. Cavaliere, voi mi mettete in angustia. Non mi tenete occulta la verità.
Ernold. È sdegnato meco, perchè l’ho sorpreso da solo a sola in questa camera con vostra moglie.
Bonfil. Milord! (ad Artur con qualche ammirazione)
Artur. Conoscete lei, conoscete me. (a Bonfil)
Ernold. Milord Artur è filosofo; ma non lo crederei nemico dell’umanità. Se avessi moglie, non lo lascierei star seco da solo a sola.
- ↑ Nell’ed. cit. la scena così continua e termina: = Cavaliere. E voi non sapete distinguere i Cavalieri. Artur. Vi risponderà la mia spada. C. No, la spada, lo che ho viaggiato, ho imparato a battermi colla pistola. A. Come vi aggrada. Andiamo. C. Sì, andiamo».
- ↑ Si veda nell’Appendice la presente scena, come fu stampata nell’ed. cit. di Roma.