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1846, 9 novembre, al Comunale di Modena, Compagnia di T. Zocchi, con Adelaide Ristori (Tardini, La Drammatica nel Nuovo Teatro Com. di M. 1898. p. 45).

1851, 18 maggio, ib. ib., Comp. di Giuseppe Astolfi, con Fanny Sadowski, prima attrice (ibid., p. 1851).

1854, 16 gennaio, al S. Samuele di Venezia, Comp. di Luigi Duse, col titolo

Il pranzo senza posate (!) ossia Gl’Innamorati. (Collezione Goldoniana di E. M.).

1854, 3 dicembre, ib. ib., Comp. di Cesare Dondini. Ne facevano parte Clementina Cazzola e Guglielmo Privato (Tardini, op. cit., p. 87).

1872, 15 gennaio, ib. ib., Comp. di F. Sadowski diretta da Cesare Rossi. Serata di Giuseppe Ceresa [Fulgenzio] (ibid., p. 155).

1885, 28 marzo, al Valle di Roma, Comp. di Cesare Rossi, interpreti nelle parti principali: il capocomico (Fabrizio), Eleonora Duse (Eugenia), Flavio Ando (Fulgenzio). Era la serata della Duse e fu uno dei suoi primi trionfi (v. Popolo Romano, 29 marzo 1885). «Nei fasti del Teatro Valle rimarrà memorabile — scrive nella Nuova Antologia del I aprile di quell’anno *** (Augusto Franchetti?) — la rappresentazione degl’Innamorati. Da gran tempo questa bellissima commedia non era più stata riprodotta sulle scene romane e crediamo che ben pochi giovani la conoscevano. Aveva, dunque, per la maggior parte del pubblico, le attrattive della novità. Ebbene, non ricordiamo di essere mai stati presenti ad un successo più pieno ed incontrastato». Segue qualche osservazione sul lavoro che nella parte di Succianespole e qua e là nel dialogo sembra al critico un po’ antiquato. Ma non trova fuori del vero, come altri notò, il personaggio di Fabrizio. «Fuori del vero è invece l’interpretazione che di quel carattere, per lunga consuetudine, danno i comici. Mentre la Duse rinnovava, per così dire, con tutte le grazie e le civetterie dell’arte moderna, il personaggio dell’innamorata e dispettosa Eugenia, Cesare Rossi, che pure è un insigne attore, non sapeva o non voleva staccarsi, nella parte di Don Fabrizio, dalla mala abitudine invalsa nelle compagnie italiane, di aggiungere alle commedie del Goldoni ciò ch’egli non ha mai inteso di mettervi. Per tal guisa al Don Fabrizio del Goldoni se ne venuto sovrapponendo, per opera dei comici, un altro che passa continuamente il segno e fa scivolare la commedia nella farsa». Anche all’Andò non si risparmia un’osservazione quasi identica per aver riprodotto «alcuni tradizionali giuochi ed artifizi di scena che appartengono al periodo dell’arte più convenzionale e barocca». La Duse invece «ch’è l’attrice italiana meno ligia alle tradizioni dei comici, ha avuto il coraggio di non preoccuparsi punto di ciò che prima di lei avevano fatto, negl’Innamorati, altre illustri attrici e ci ha dato un’Eugenia viva e vera senza aggiungere una sillaba a ciò che Goldoni aveva scritto e senza ricorrere a vieti artifizi per promuovere il facile applauso». La lunga rassegna si chiude con nuove lodi alla commedia (pp. 508, 509). La grand’arte della Duse in questa memorabile prova ispirò alla Contessa Lara [Eva Mancini Cattermole] un sonetto, dal quale riproduciamo questi versi: