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IL RICCO INSIDIATO 91
Brigida.   (Sta salda, non ti muovere).

(piano a Rosina)
Conte. Signori, in qualche parte fatele un po’ di loco.
Felicita. No, sto ben dove sono. Mi basta, e non è poco.
(Bigolino porta una sedia a donna Felicita)
Sta meglio il conte Orazio, avendo a lui vicina
Da un canto la germana, dall’altro la damina.
Brigida. (Ehi, sentite l’invidia). (a Riccardo) (Non ti smarrir per questo). (a Rosina)
Felicita. Ma cos’ha il signor Conte, che sembrami sì mesto?
Dovrebbe in dì di nozze esser contento e lieto.
Riccardo. Si può saper la causa che vi fa star inquieto? (al Conte)
Conte. Or che raccolti insieme siam fra parenti e amici,
Vi svelerò la fonte de’ miei casi infelici.
Udite se può darsi fato peggior del mio.
Io non son più, signori, l’erede di mio zio.
Ei fece un testamento, che oggi alfin si è scoperto;
Fu avvisato l’erede, e il testamento è aperto.
Con donna ebbe una tresca il vecchio, e l’ha sposata.
Dal loro matrimonio una figliuola è nata.
Celò, finch’egli visse, la figlia e la consorte,
E le ha col testamento beneficate in morte.
Ed ecco in quelle stanze un pubblico notaro
A inventariare i mobili, le gioje ed il danaro.
Io sono eseredato con crudeltà inumana,
Lascia un grosso legato per dote alla germana,
Oltre quel che le spetta per ragion della madre,
Ed io resto coi beni scarsissimi del padre.
Vi par che giustamente il mio dolor mi opprima?
Eccomi sventurato, più povero di prima.
Livia. A me lascia un legato?
Conte.   A voi tale fortuna,
A voi senza alcun titolo, senza ragione alcuna.
Livia. È ver ch’era di lui pochissimo parente,
Ma sempre come a padre gli fui obbediente.