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LA SCUOLA DI BALLO 497

SCENA III.

Rosina, Lucrezia e Carlino.

Rosina. Eh, lasciate parlare. (a Lucrezia)

Lucrezia.   Non mi fido.
Vo’ sentire ancor io quel che ti dice.
Carlino. Un segreto importante io le confido.
Lucrezia. Un segreto importante a lei non lice
Confidare così segretamente,
Senza che il sappia la sua genitrice.
Rosina. Se mi volete ben, siate prudente.
Confidate a lei pur cotesto arcano. (a Carlino)
Carlino. Ma lo dirà...
Lucrezia.   No, non dirò niente.
Carlino. Sappiate che un amico di Milano
Scrive s’io voglio andare in Alemagna,
Al servigio d’un principe sovrano,
’Ve si fa poco, e molto si guadagna;
E d’accordare libertà mi dona,
E di meco condurre una compagna.
Se volete, venir vi fo padrona.
Rosina. Mamma, che dite voi?
Lucrezia.   No no, figliuola:
Con queste guerre non son sì minchiona.
Carlino. S’ella non vuol venir, venite sola. (a Rosina)
Rosina. Sola dovrei venir?
Lucrezia.   Sola! briccone.
Carlino. Di sposarvi, mio ben, vi do’ parola.
Lucrezia. La mia figlia levarmi si propone?
Mi vuoi assassinar, brutto cosaccio?
Anderò alla giustizia, mascalzone,
Se il vivere con lei non mi procaccio.
Come poss’io campar, povera grama?
Ci mancava cotesto animalaccio.