Rigadon. È sì amorosa
Qualche volta per me, che son sicuro
Sarà di questo fatto desiosa.
Ridolfo. Godo ancor io del vostro ben venturo;
Ma pria pensar dovreste alla germana;
Anch’ella è in stato nubile, maturo.
Rigadon. Ci avrei pensato; ma è cotanto strana,
Che albero non ritrova che l’appicchi,
E si cambia d’umore ogni semmana.
E poi sapete come noi siam ricchi!
Per maritarsi com’ella vorria,
Ci vuol altro che dir chicchi bichicchi,
Ci vogliono de’ giuli; e in casa mia
Colla cena contrasta il desinare:
Converrà ch’ella soffra, e che ci stia.
Ridolfo. Fatemi grazia. Intesi dir, mi pare,
Che certa dote le lasciò uno zio,
Per quando si volesse accompagnare.
Rigadon. Chi vi ha detto tal cosa?
Ridolfo. La sepp’io
Dal notare, che ha fatto il testamento.
Rigadon. (Maledetto notar nemico mio!)
Ella non è per or di sentimento
Di voler maritarsi.
Ridolfo. Ed io sospetto
Sia vicino di lei l’accasamento.
Rigadon. Qualche briccon, qualche birbante aspetto
Se le metta d’intorno; se lo scopro,
Voglio farlo pentir, ve lo prometto.
Sono degli anni che l’ingegno adopro.
Perchè la suora mia da me non vada,
E con ragion l’intenzione scopro.
Ora se ciò per mio malanno accada,
Se la seduce tnstamente alcuno,
Di rovinarlo troverò la strada.