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LA SCUOLA DI BALLO 489
D’amor,1 della fede... oimè, fin dove

I pensier vanno a contrastar fra loro!
Un: va, mi dice, a delirare altrove;
L’altro mi ferma nel desire ardito;
E dal ciel la speranza in sen mi piove.
Conte. Il desir vostro senza sdegno ho udito.
Ogni disuguaglianza amore uguaglia,
Voi meritate un nobile partito;
Perchè vediate se di voi mi caglia,
Ecco pronta la destra.
Giuseppina.   Ah no signore,
L’improvviso splendor sovente abbaglia.
Tempo donate al conceputo ardore;
Esaminate, se di voi son degna;
Tardi si pente, chi ha ceduto il cuore.
Se l’amor vostro a mio favor s’impegna,
Fatelo sì che non risenta il grado
Il peso un dì della catena indegna.
Quando ha varcato dell’amore il guado
Il nocchier stanco sull’opposto lido,
Il goduto piacer canta di rado.
No, non v’inganni il seduttor Cupido,
Vi do tempo a pensar; di un primo foco,
Perdonate, signore, io non mi fido.
Vi lascio sol, ritornerò fra poco.
E dirò, se l’amor persiste e dura,
Che mi amate davvero, e non da giuoco. (v/a)
Conte. Il giusto ciel che ha le bell’alme in cura,
Per me questa riserbi; io non mi pento:
Vince la sua virtù sangue e natura;
D’una donna sì degna io son contento. (via)

Fine dell’Atto Quarto.


  1. Così il testo dell’ed. Zatta. È facile correggere Dell’amor ecc.