Mille rubli per me lasciar vi piacque?
Mille doppie di Spagna ecco son queste.
Giuseppina. Oimè, signor, qual fantasia vi nacque
Sopra di me? Di povera donzella
A qual tristo pensier l’onor soggiacque?
Ma, mi direte voi, non sei tu quella
Che mi chiese stamane arditamente
Qualche piccolo dono in tua favella?
È vero, è vero, ed il mio cor risente
D’amara pena e di vergogna il foco:
Perdon vi chiede, e dell’ardir si pente;
Ma alla fin fine i’ non chiedea che poco,
E il picciol don d’un cavalier d’onore
A sinistro desir non apre il loco.
Mille doppie di Spagna è tal favore.
Che innocente non sembra, ed in pensarlo
Si gela il sangue, e mi s’aggruppa al core.
Franca, signor, senza rimorsi io parlo:
Faccio questo mestier per mia sfortuna;
Ma son chi sono, e con onor vo’ farlo.
Se nell’animo vostro il genio aduna
Qualche tristo pensier, vel dico aperto,
Andate pur senza speranza alcuna.
Conte. Quanto accresce quest’ira il vostro merto.
Mille doppie di Spagna è tal rifiuto,
Che vi guadagna fra le donne il certo.
Ma non pertanto il mio pensier non muto;
Fu dell’onor, non dell’amore un pegno,
Questo al merito vostro umil tributo.
E se il basso metal vi move a sdegno,
Senza premio virtù perciò non vada;
La mia stima per voi sale in impegno.
Ditelo in faccia mia, che più vi aggrada?
Giuseppina. Chi un infelice consolar aspira,
Sa da se stesso ritrovar la strada.