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478 ATTO TERZO
Lucrezia. Presto, Rosina, vanne ad inchinarla;

Favorisca la mano, gentildonna, (ironicamente)
Che la figliuola mia verrà a baciarla.
Madama. Chi vi pensate corbellar, madonna?
In questa casa sono io signora.
Non soffro insulti da un’ignobil donna:
Ogni scolara mi rispetta e onora;
E chi la grazia del maestro brama,
La mia protezion soltanto implora.
Se farete così, meschina e grama
Vostra figlia sarà.
Rosina.   Signora mia...
Madama. Che signora, signora? io son madama. (via)
Lucrezia. Che ti accarezzi il fistolo. Andiam via.
Rosina. Sì andiamo, a costo di precipitarmi.
Non la posso soffrir quell’albagia.
Lucrezia. Aspetta. Col maestro i’ vo’ sfogarmi.
S’egli le parti tien della sorella,
Non ci penso una spilla a licenziarmi. (via)
Rosina. Maledetta superbia! Oh, questa è bella!
Nel cielo delle donne è persuasa
D’esser madama la Diana stella!

SCENA V.

Carlino e detta.

Carlino. Oh Rosina!

Rosina.   Oh Carlino!
Carlino.   In questa casa?
Rosina. Mia madre col maestro mi ha accordata;
Ma or di restarvi mi son dissuasa.
Carlino. Come! lo fai per me, Rosina ingrata?
Sai che ti voglio bene, ed or che vedi
Ch’io son qui teco, ti sei disgustata?