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474 | ATTO TERZO |
SCENA III.
Madama Sciormand e detto.
E mai che vi degnaste per creanza
Dirmi: buongiorno di vossignoria.
Dove imparaste così fatta usanza?
Ridolfo. Quando vi vedo, faccio il mio dovere.
Madama. Mi si viene a trovar alla mia stanza.
Ridolfo. Posso in nulla servirvi?
Madama. Io vo’ sapere
Tutti gli affari del signor fratello;
E le scritture le vo’ anch’io vedere.
Se prende uno scolar, voglio di quello
Essere intesa, e se a ballar lo manda,
Vo’ veder, se il contratto è buono e bello.
È ver che l’uomo è quello che comanda;
Ma nelle cose sue non può fallire,
Se consiglio alla femmina domanda.
Ridolfo. Veramente per detto intesi dire,
Che consiglio di donna allora è buono,
Quando senza pensar lo lascia uscire.
Madama. Queste contro il mio sesso ingiurie sono;
La donna è creatura più perfetta;
E il ciel le diè di sottigliezza il dono.
Io poi, per dirla, sono una donnetta
Ch’oltre l’accorta femminil natura,
I miglior studi d’apparar si alletta,
So che in numero, in peso ed in misura
Tutte consiston le create cose,
So che il male finisce, e il ben non dura;
So degli effetti le cagioni ascose;
So ch’ogni dolce suol produr l’amaro,
E senza spine non si trovan rose.