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42 ATTO SECONDO
Chi ha più di voi bisogno? esaminiam lo stato

Di me che ora vi parlo, di lei che vi ha parlato.
Ella è una figlia nubile, che cerca maritarsi;
Ella è una cittadina, che vuol nobilitarsi.
Chi puote assicurarsi, che quelle cure istesse
Che sembrano amorose, non sian per l’interesse?
E se il bisogno vostro un tempo ha sovvenuto,
Chi sa che il vostro caso non abbia preveduto,
Dicendo infra se stessa con femminil talento:
Dieci arrischiar io posso, sperando di aver cento?
Vi accorderei che fosse sincera e generosa,
S’ella non aspirasse a divenirvi sposa;
Ma con tal mira in mente, con tal desio nel petto,
Fidar non vi potete di un animo sospetto.
Io, di cui la sagace forma vegliando un sogno,
Io, della sorte in grazia, di voi non ho bisogno.
Se a profittar v’invito del ben del secol nostro,
Noi fo per interesse, lo fo per amor vostro.
Ella vi offre mendace una catena, un laccio;
La libertà, la quiete, sincero io vi procaccio.
Con lei de’ vostri beni spera diviso il frutto:
Io la ragion vi mostro d’esser padron di tutto.
Ella da ciò profitta, utile a me non viene.
Or giudicar potete di noi chi vi vuol bene.
Conte. Non so che dir: mi trovo confuso in tal maniera,
Che il ver più non distinguo dall’arte menzognera.
Se in mezzo alle ricchezze non trovo un cuor amico,
Meglio era ch’io durassi a vivere mendico.
Riccardo. Falsa filosofia. Del ben non vi lagnate.
Potete esser contento, quando esserlo vogliate.
Io, che ho meno di voi, vivo ridente, e godo.
Felice voi, che avete di giubbilare il modo.
Conte. Ma sarò poi contento del ben che voi vantate?
Riccardo. Fate quel ch’io vi dico.
Conte.   E che ho da far?