Ma Felicita poi cosa farà?
Rigadon. Farà i soliti passi impasticciati.
Per voi, che avete dell’abilità,
Vi è un incerto miglior. (Vo’un po’ vedere
Se il signor Conte ci ha difficoltà).
Giuseppina. Qual incontro saria? si può sapere?
Rigadon. A Peterburgo coi viaggi pagati
Mille e duecento rubbli, ed il quartiere.
Giuseppina. Cosa son questi rubbli?
Rigadon. Equiparati
Son quasi ai nostri scudi fiorentini.
Giuseppina. Capperi! i passi non sarian gettati.
Conte. Tosto in sentire a nominar quattrini
Vi è la brama venuta, ed è smarrito
L’odio contro al mestier dei ballerini. (a Giuseppina)
Giuseppina. Io, signore, non ho quest’appetito.
Se col vostro bel cor mi consigliate,
Io pronta sono a ricusar l’invito.
Rigadon. Come! senza di me voi v’impegnate?
Chi è padron di dispor della scolara?
Affè di Bacco, mi scandolizzate.
Se una buona fortuna si prepara
Per voi, per me, s’ha da lasciar fuggire?
Questa bella pazzia dove s’impara?
Non vi lasciate dalla bocca uscire
Tai sconcie cose a danno mio soltanto
Suggerite da chi non lo vo’ dire. (sdegnato)
Conte. Maestro mio, non vi avanzate tanto,
Ch’io vi capisco, e vi farò pentito.
Nato son cavaliere, e tal mi vanto.
La Giuseppina trovasi al partito
Di bilanciar per me la sua fortuna,
E lasciar per Firenze il Moscovito.
Io non avrò difficoltade alcuna,
A pagar mille scudi acciò non vada.