Ma io, che non ho il modo di far spese,
Posso empirle di cavoli e lasagne.
Conte. Vanne, e dirai al pasticcier francese.
Che prepari per dodici persone
Un desinare all’uso del paese.
Hai capito? (a Faloppa)
Faloppa. Ho capito l’intenzione;
Poco e polito all’uso fiorentino,
Perchè il troppo mangiar fa indigestione. (via)
Rigadon. Mi dispiace davvero, che il destino
Abbia da far cader sopra di lvi
La disgrazia fatal del mio cammino.
Conte. No, monsieur Rigadon, coi pari miei
D’uopo non v’è d’affaticar l’ingegno;
Più leale e sincero io vi vorrei.
Già del vostro pensier son giunto al segno,
Di compiacervi il mio desire agogna.
Lo farò con amore e con impegno.
Per Giuseppina, per voi quel che bisogna1
Comandatemi pur liberamente;
Ma frezzare in tal modo è una vergogna. (via)
Rigadon. Affè l’ha piantata dolcemente2,
E mi credea d’aver pensato in guisa
Da non scoprirmi così facilmente.
Alla fin fine vo’ gettar in risa;
Ei viene a incommodarmi in casa mia,
Ed io non vesto colla sua divisa.
Non faccio il ballerin per bizzarria;
Ho lasciato di fare il parrucchiere
Per insegnare la corografia.
È ver che poco ne poss’io sapere,
E che i bravi maestri m’odian tutti,
Perchè vado sporcando il lor mestiere.
- ↑ Così l’ed. Zatta.
- ↑ Così l’ed. Zatta. Forse è da correggere: Affè che l’ha ecc.