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NOTA STORICA

Ai 30 dicembre del 1758 S. E. Francesco Vendramin, proprietario del teatro di S. Luca, mandava da Venezia al Goldoni, a Roma, l’amara notizia che il Magistrato alla Bestemmia non permetteva la recita della Donna forte «a motivo del carattere di Lucio, base fondamentale della commedia». «Persona nobile» dicevano i revisori «quale per strade indirette tenta l’onore di Dama con promessa di matrimonio, per mantener la quale si vanta esser pronto ad un omicidio, non può comparir sopra le scene. Egli è contro al buon costume, e contro la civile Società» (C. G. e il teatro di S. Luca a Venezia. Carteggio inedito con pref. e note di Dino Mantovani, Milano, 1885, pp. 77 e 78). Pochi giorni dopo, ai 6 gennaio 1759 così rispondeva addolorato, e si difendeva, il buon commediografo: «Di una simile azione Teatrale non sono il primo autore. Ne abbiamo moltissimi esempi di donne maritate tentate ancora più apertamente nell’onore, e di donne maritate, che tentano per sè stesse. Io medesimo l’ho fatto nel Belisario, e rispetto al macchinare, che si fa contro la vita di un altro, nella mia Commedia dell’Uomo prudente...Se qualche passo riesce un po’ troppo forte, si poteva moderare, e smorzare, come ho fatto in altre commedie mie, ma lo spacciarla per commedia insoffribile, e scandalosa, mi offende assolutamente, e verrà il caso, che la potrò far giudicare dal pubblico» (e. s., 80-81). Tuttavia, cedendo al duro divieto, rifaceva l’intera commedia e la rimandava da Roma al Vendramin, il 27 dello stesso mese, accompagnata da un’altra lettera: «Vero è, che cambiando in gran parte l’intreccio, ho dovuto cambiare il titolo, e l’ho intitolata: La Sposa Fedele» (c. s., 82). Ma pur troppo «l’azione non potea riuscire che languida e snervata», e la Sposa cadde, come confesso nella prefazione della Donna forte l’autore: il quale, messo da banda il rifacimento, di cui non s’ebbe più notizia, diede alle stampe nel ’61 la commedia «nella sua purità». È vero che vi troviamo, invece di Lucio, il nome di don Fernando, ma questa, e forse altre piccole mutazioni e correzioni, non hanno importanza.

Nelle Memorie francesi il Goldoni ormai ottantenne confuse stranamente le date, non si sa se a caso, o a posta, assegnando la Donna forte all’anno comico 1754; e divenuto più tenero per il suo teatro, scrisse con illusa fantasia, piuttosto che con verità: «Certe pièce eut beaucoup de succès, et les connoisseurs m’ont assuré qu elle auroit reussi aussi bien en prose qu en vers; car le fond, la marche, l’intrigue, la morale, tout étoit bon à leur avis, et le dénouement l’emportoit sur le reste».

Sospettò di recente il De Gubernatis che il Goldoni togliesse «il soggetto da qualche dramma spagnuolo tradotto in francese» (C. G., Firenze, 1911, p. 277), o se non da un dramma, almeno da una novella (p. 278); ma conviene osservar subito che al G. non sarebbe parso vero di poter additare ai suoi censori qualche illustre fonte dell’opera sua incriminata. Certo, e nel teatro