Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
358 | ATTO QUINTO |
E per l’altro i ministri dovuti ad un suo pari.
Marchese. Conte, de’ rei pensieri contro di voi formati.
Imputate la colpa ai menzogneri ingrati.
E mia germana istessa...
Conte. Ella di tutto è intesa,
E di dolor si affanna, e di rossore è accesa.
Consolarla fa d’uopo.
Marchese. Sta in poter vostro il dono.
Conte. Se consentir vi piace, pronto a sposarla io sono.
Marchesa. Andiam, sposo diletto, a stabilir tal nodo.
Godo per l’altrui bene, qual per me stessa io godo.
Vieni, Fabrizio, a parte di quel piacer, cui diede
Onorata cagione l’amor tuo, la tua fede.
Grazie al poter de’ numi, grazie all’amica sorte,
Nelle sventure estreme ressi costante e forte.
Apprendete, o mortali, che l’innocenza oppressa
Dee trionfare un giorno della calunnia istessa.
Che in mezzo a’ suoi perigli, ogni periglio avanza
Chi serba fra i disastri l’intrepida costanza.
E la fortezza istessa, ch’empie un bel cuor di zelo.
Non è virtute umana, ma è puro don del cielo.
Fine della Commedia.