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336 ATTO QUARTO
Ella li sa i deliri della consorte mia.

Fernando. (Favorisce il disegno di lei la gelosia). (da sè)
Ora che siete certo del suo perverso errore,
Cosa di far pensate? cosa vi dice il cuore?
Marchese. Dicemi il cuore, acceso di un onorato sdegno,
Che riparar col sangue deesi l’affronto indegno.
Che cavaliere io sono, che all’onor mio si aspetta
Contro di chi m’insulta di procurar vendetta.
Muoiano i tristi amanti. Pera la donna infida;
Al seduttore indegno si mandi una disfida.
Paghino la lor pena quell’alme scellerate.
A ciò il cuor mi consiglia. Voi, che mi consigliate?
Fernando. Sì, l’unico rimedio, non ve lo niego, è morte;
Deve perir il Conte, perir dee la consorte.
Ma deesi al tempo istesso salvare in apparenza
Il decoro, la stima, l’onor, la convenienza.
Sfidar il cavaliere non vi consiglio, amico;
Pubblico allor si rende il periglioso intrico.
Della disfida il mondo saprà la ria cagione;
Perde l’uom facilmente la sua riputazione.
E per seguir talvolta l’accostumato inganno,
Si pubblica l’affronto, si fa maggiore il danno.
Lasciate a me la cura di far perir l’indegno;
Prendo dell’onor vostro sopra di me l’impegno.
La colpa è a pochi nota; tutto sperar vi lice,
Se cautamente e in tempo troncata è la radice.
Marchese. Bene, a voi mi rimetto circa punire1 il Conte;
Ma riparar pensiamo di quell’indegna all’onte.
Non mi parlate, amico, di separare il nodo.
Ha da perir l’ingrata. Voi suggerite il nodo.
Fernando. Vi fidate di me?
Marchese.   Solo da voi dipendo.
Fernando. Della sposa infedele a vendicarvi io prendo.

  1. Ed. Zatta: circa il punire ecc.