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314 | ATTO SECONDO |
Marchesa. Vo’ i domestici miei.
Fernando. Se vi occor qualche cosa... Prosdocimo, ove sei?
Prosdocimo. Eccomi qui, signore.
Marchesa. Come? Avete coraggio
Di ricondurmi in faccia quel seduttor malvaggio?
E tu, perfido, ardisci tornare in casa mia?
Prosdocimo. Cospettone! (facendo il bravo)
Marchesa. Fabrizio. (chiamando forte)
Prosdocimo. Signora, io vado via.
(mostrando paura)
Fernando. Cara Marchesa mia, sol compiacervi io bramo.
Vattene, e non ardire tornar, se non ti chiamo.
Prosdocimo. Vi aspetto nella sala. (Ma fatemi un servizio,
Procurate non venga quel diavol di Fabrizio).
(a don Fernando)
Fernando. (Hai paura di lui?)
Prosdocimo. (Paura? Cospettone!)
(a don Fernando)
(Mi fa un po’ di paura il protettor bastone).
(da sè, e parte)
SCENA VIII.
La Marchesa e don Fernando.
Atterrirmi credete? Signor, voi v’ingannate.
Fernando. Atterrirvi, Marchesa? Perchè? per qual disegno?
Quel che da voi mi guida, è un intrapreso impegno.
Dite, quant’è che il Conte da voi non fu veduto?
Marchesa. Non è molto, signore; poc’anzi è qui venuto.
Fernando. Da voi fra queste mura viene il Contino accolto;
E quand’io mi presento, veggovi accesa in volto?
Credete ch’io non sappia dei vostri antichi amori
Le riaccese faville, i rinnovati ardori?