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26 ATTO PRIMO
Prendendo di soverchio amor per il danaro,

Non meno dello zio voi diverreste avaro.
E se fuor dello scrigno quell’oro non traete,
Più infelice di prima, più misero sarete.
Conte. Non ho intenzione, amico, di vivere infelice;
Mi voglio divertire, però sol quanto lice.
Spendere, non gettare; veduti ho in questo mondo
De’ ricchi, che han distrutto delle ricchezze il fondo.
E se tornassi un giorno nel misero mio stato,
Meriterei allora d’essere bastonato.
Riccardo. Con una entrata almeno di dieci scudi al dì,
Con un tesoro in scrigno non parlasi così.
Spendere allegramente per ora almen potete,
Finchè d’argento e d’oro pieno lo scrigno avete.
Fatevi onore almeno finchè potete farlo;
Non mancherà poi tempo un dì di risparmiarlo.
L’entrata è sufficiente. Basta avere in deposito
Cinque o sei mila scudi, di più non vi è proposito.
Moglie voi non avete, e non avete figli.
Conte. È ver, ma posso averne.
Riccardo.   Volete vi consigli
Da amico, con amore e con sincerità?
Godete in questo mondo la vostra libertà.
Lasciate il matrimonio con i fastidi suoi.
Quel ben che il ciel vi ha dato, godetevelo voi.
Conte. Ma con donna Felicita sono in un mezzo impegno.
Riccardo. Che impegni! che pazzie! voi mi movete a sdegno.
Ora che la fortuna vi ha tratto fuor di pena,
Volete per diletto imporvi una catena?
Via, non mancherà tempo di prendervi un malanno;
Ma vi consiglio il mondo godere almeno un anno.
Un anno sol provate i beni della vita.
Se voi vi maritate, la libertà è finita;
E colla moglie al fianco, seccante e pretendente,
Tutti i vostri danari non servono a niente.