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264 ATTO TERZO


Cavaliere. Perdonate, signora; vostra nipote ha più prudenza di voi. Le fanciulle non si maritano così alla cieca. Ella è interessata per voi, quanto per se medesima, e prima che la zia si mariti, vuol sapere precisamente qual sia lo sposo.

Conte. La zia ha ragione, e la nipote non parla male. In Venezia sono conosciuto, ed i ricapiti che porto meco, ponno meglio giustificarmi. Eccoli, se la signora zia li desidera. (mostra alcuni fogli)

Costanza. Date qui, date qui; li leggerò io. Sono interessata moltissimo in quest’affare. (prende i fogli)

Silvestra. Si nipote, vi sono tanto obbligata, ma sentite: non istiamo tanto a sottilizzare. Se non vi è male, facilitiamo, (piano a Costanza, che senta anche il Cavaliere) Che dite voi, Cavaliere? (Costanza intanto ripassa i fogli piano)

Cavaliere. Dite benissimo. (La sa lunga la signora Costanza, e questa vecchia sarà molto ben corbellata). (da sè)

Pasquina. Non mi danno mai niente da mangiare.

Cavaliere. Fate voi per la vostra figliuola. (a Dorotea)

Dorotea. Aspetta; di questo piatto mi pare che nessuno ne voglia: mangiamocelo per metà una. (tira avanti di sè un piatto, e lo mangia con Pasquina.)

Leonardo. (Hanno la zuppa quelle due donne). (a Felicita, piano)

Felicita. (Eh, voi non corbellate, mi pare). (a Leonardo, piano)

SCENA IX.

Battistino e detti

Battistino. Buon pro a lor signori.

Pasquina. Oh, è qui Battistino.

Dorotea. Ci avete trovate all’odore, eh?

Battistino. Sono tre ore che cammino per ritrovarvi.

Felicita. (Dite, quell’amico lo avete trovato?) (a Battistino, piano)

Battistino. (Chi?)

Felicita. (Il signor Faloppa?)