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260 ATTO TERZO


Costanza. Porta via quella maschera, e non star a far la pazza.

Mariuccia. Che dice il signor Leonardo? (sorpresa)

Leonardo. Cosa volete che io dica? Le donne, quando vogliono, hanno l’abilità di far fare agli uomini a modo loro.

Mariuccia. Restate qui dunque?

Leonardo. Ci resto sì. Non vedete che mi hanno spogliato?

Mariuccia. Ci ho gusto. L’ho invitato io.

Felicita. A me fatto avete veramente piacere; ma se foss’io la vostra padrona, vi darei dell’impertinente.

Mariuccia. Siete gelosa?

Felicita. Son il diavolo che ti porti.

Costanza. Animo, va via di qua. (a Mariuccia)

Mariuccia. Sì sì, siete gelosa, e lo so il perchè. Perchè sono più bella di voi. (parte)

Felicita. E voi soffrite questa insolente? (a Costanza)

Costanza. Sapete perchè la soffro? Perchè fa tutto a modo mio, mi seconda in tutto, e al vecchio non c’è pericolo che dica niente.

Leonardo. Eh già; le serve per lo più sono la rovina delle famiglie.

Costanza. Signore, non crediate per ciò che io faccia delle pazzie.

Felicita. Compatitelo; mio marito qualche volta ha del zotico, dello spropositato.

Leonardo. Come parlate, signora consorte? (alterato)

Felicita. Cara la mia gioja, non andate in collera.

Leonardo. (È una gran bestiaccia costei!) (da sè)

SCENA VII.

Servitori che mettono in tavola.

Servitore. Quando comanda, è in tavola.

Costanza. Avvisate mia zia, e tutti quei signori, che venghino. (un servitore parte)

Leonardo. In verità, signora, mi dispiace recarvi incomodo.