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256 ATTO TERZO

" Come la bella impone, no deve dire, e sì.
" Ha da vegliar le notti, dee sospirare il dì1.
" Soffrire anche tal volta qualche rivale al fianco,
" Venir per gelosia rosso nel viso, e bianco,
" Ma non ardir giammai di dir quel che ha veduto,
" Di risarcir sperando quel poco che ha perduto.
" Cedere talor deve la mano al forestiere,
" Mai di nulla dolersi2, mai pretensioni avere;
" Parlar, quando ella parla, tacer, quando ella tace,
" Saper quando il parlare, quando il tacer le piace.
" Soffrir qualche insolenza, soffrir qualche strapazzo,
" A costo anche tal volta di comparire un pazzo3.

Fin qui parla il poeta nel Cavalier Giocondo;
Al poeta e alle donne io nel mio cuor rispondo:
Di servitute onesta stimo l’onore anch’io.
Ma a condizion sì dure, signore donne, addio. (parte)

Costanza. Non gli è bastato dire i versi imparati, ha voluto aggiungerne quattro dei suoi. Chi sa? Se si usassero, potrebbe darsi che non dispiacessero; dirò anch’io, come dice il poeta in un altro metro:

     Vari sono degli uomini i capricci,
     A chi piace la torta, a chi i pasticci. (parte)

SCENA IV.

Camera grande con tavola preparata con lumi ecc.

Mariuccia e Servitori che preparano.

Servitore. Per quanti abbiamo da preparare?

Mariuccia. Potete preparare per otto.

Servitore. Di là non sono che sette. Viene a tavola anche il vecchio?

  1. Cav. Gioc., l. c.: «Deve vegliar le notti e sospirare il dì».
  2. ’Cav. Gioc.,
    c. s.: «Mai parlar di vendetta ecc.».
  3. Cav. Gioc., c. s.: «... d’esser creduto un
    pazzo ".