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LE DONNE DI BUON UMORE 251


Cavaliere. È vero; nelle case comandano le più vecchie.

Silvestra. Non è per questo; io non son vecchia: non comando per esser vecchia; comando, perchè sono la sorella del signor Luca. Il Contino ha da restar a desinare con me. E voi andate via, signor insolente.

Cavaliere. Pazienza. Per uno scherzo mi discacciate. Può essere che un giorno possa farvi conoscere la tenerezza dell’amor mio.

Silvestra. Bricconcello! Venite qui tutti due.

Conte. Signora... (ricusando)

Cavaliere. No certo... (ricusando)

Silvestra. Animo. Con chi parlo? Quando una donna comanda, non si dice di no.

Cavaliere. Ha ragione. Conte, non ci abusiamo di questa buona fortuna. (dà la mano a Silvestra)

Conte. (Mi giova fingere per la signora Costanza). Son qui a ricevere le vostre grazie. (dà la mano a Silvestra)

Costanza. E viva la signora zia.

Felicita. E viva la signora Silvestra.

Silvestra. Animo, andate innanzi, che non voglio aver di voi soggezione. (a Costanza)

Costanza. (Oh che bella figura!) (parte)

Felicita. (Oh che vecchia pazza!) (parte)

Silvestra. Andate innanzi anche voi. (a Dorotea e Pasquina)

Pasquina. Vado, signora. (Almeno si andasse a tavola presto). (parte)

Dorotea. (Ci resto per far mangiare quella povera figlia). (parte)

Silvestra. Ora ce ne anderemo con nostro comodo.

Cavaliere. Voi potete disponere di tutto me stesso.

Silvestra. Sì caro. (al Cavaliere) E voi? (al Conte)

Conte. Sì signora, come volete.

Silvestra. Ah, non so che dire; il mio cuore non può essere che di un solo.

Fine dell’Atto Secondo.