Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LE DONNE DI BUON UMORE | 217 |
SCENA XI.
Silvestra e dette.
Silvestra. Brava, signora nipote; andate in maschera eh?
Costanza. Serva, signora zia.
Felicita. Serva sua, signora Silvestra.
Silvestra. La riverisco. (a Felicita) Dove si va, signora? (a Costanza)
Costanza. Vado un pochino a spasso. Comanda niente, signora zia? (a Silvestra)
Silvestra. Se andate voi, ci voglio venire ancor io.
Felicita. Anch’ella in maschera a piedi? Si stancherà, signora.
Silvestra. Mi stancherò? Credete che io non sia buona da camminare? Mi fate ridere; sarò capace di camminare più di voi. (a Felicita) Signora sì, voglio venire ancor io.
Costanza. Ora vado colla signora Felicita in un servizio; verrà con me questa sera.
Silvestra. Signora no, a casa non ci voglio stare.
Felicita. Avete difficoltà, che venga meco vostra nipote? Son donna maritata; non vi è bisogno che voi le facciate la scorta.
Silvestra. Io non intendo di volerle fare la guardia; sono zitella al pari di lei; e se ho qualche anno di più, non sono ancora da lasciare in un cantone.
Felicita. (Per me, non la voglio assolutamente). (piano a Costanza)
Costanza. Davvero, signora zia, vado in un piccolo servizietto, e torno subito a casa.
Silvestra. Garbata! Non mi volete, eh? Sì sì, verrete un’altra volta da me a pregarmi che io vi scriva le lettere. (sdegnata)
Costanza. Siate buona, signora zia, non andate in collera.
Silvestra. Certo, io in casa, e voi a spasso; e col bel nastro color di rosa.
Costanza. Lo comanda? È padrona.
Silvestra. Nè anche per questo.... Via, puntatemelo qui in petto.
Costanza. Subito volentieri. (si leva il nastro, e lo punta al petto di Silvestra.)
Silvestra. Ah! Sto bene? (a Felicita)