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villeggiatura, Le Massere, L’Adulatore, Il Vero amico, Il Giuocatore» (Toldo L’Oeuvre de Molière ecc. p. 391), e che Giacinto Gallina ricopiò nella Nene delle sue Barufe in famegia; quel sior Luca, sordo campanato, che non sa mai nulla di quanto avviene in casa sua, ed è lo zimbello di tutti; quella Lucietta, madre di manica larga, che distoglie la figlia da un probo innamorato perchè non gli fa doni e la sprona a preferirgli uno straniero perchè le ha regalato un anellino, onde il pudibondo Schedoni arriccia il naso (Princ. mor. del teatro Modena 1828 p. 39); la serva che per farsi vagheggiare da questi e da quegli adesca tutti colla roba del padrone, e tende le sue reti al marito della Felicita per la pazza bramosia di render gelosa costei, onde nuovo scandalizzarsi dello stesso Schedoni (op. cit. p. 40); o non riproducono forse figure in cui c’imbattiamo pur oggi, tanto sono vere ed umane e sempre moderne? In Ferdinando all’opposto, con tutta la nostra buona volontà, non ci è riuscito di ravvisare l’affettato toscano che Goldoni scrive aver voluto contrapporre agli altri personaggi, tutti veneziani (Mem. cap. cit.); il suo linguaggio e un italiano comune, senza una sola di quelle tante fiorentinerie messe in bocca al cavalier Del Fiocco nel Torquato Tasso; e poi, se fosse stato veramente toscano, perchè Zanetto, a informare Marinetta tuttora indecisa ad accordare a colui la mano di sposa, la rassicura sui suo conto in questi precisi termini (a V sc. 2.a):

          Forti, siora Manna, e ste sull’onor mio.
          Questo, ghel digo in fazza, xe un ottimo partio.
          Senza difficoltà pode sposarlo in pase,
          El xe un bon cittadin, che gh’ha poderi e case;
          El xe un bon Milanese; un omo cognossù,
          Galantomo, onorato, no se pol far de più.

Alla buon’ora! Milanese dunque, e non di Toscana.

Le recite delle Morbinose furono invece moltissime; e omettendo di rammentarne una a Milano della comp. Romagnoli e Bon (V. I Teatri giorn. dramm. 1827, I, p. 619), altra il 22 febbr. 1811 all’Accademia dei filodrammatici (v. Martinazzi); due date a Modena, una dalla comp. Pisenti il 17 nov. 1855, l’altra da Giov. Leigheb il 14 nov. 1857 (Tardini I Teatri di Mod. p. 92 e 104); e poi a Zara nel 1851 dalla comp. Bonazzi e nel 1859 dalla Comp. Mariani (Sabalich nel giorn. Il Dalmata 27 febbr. 1907), per limitarci a Venezia, rammenteremo una replica ai 6 febbr. 1765 a S. Salvador (v. Diario Veneto), altra nello stesso teatro nel 1789 (V. Gazz. urb. ven. 1789, n. 15), quindi allo stesso S. Luca dalla Comp. Morelli e Borelli il 28 febbr. 1821 (della quale come pur delle susseguenti offre notizia la Gazzetta di Venezia sotto le date rispettive); qui pure dalla comp. Morelli il 26 febbr. 1822 e il 28, 29, e 30 dicembre 1823; al S. Benedetto dalla compagnia medesima il 23 febbr. 1825 e il 30 genn. 1828; al t. Apollo da Luigi Duse il 20, 21 e 22 marzo 1843. Ma a questo punto non sappiamo lasciar nella penna che a proposito delle rappresentazioni da parte di questo grande interprete goldoniano delle Morbinose, come del Campiello, delle Donne gelose, delle Baruffe Chiozzotte, dei Quattro rusteghi, del Todero Brontolon, delle Donne de casa soa, della Casa nova ebbe a scrivere Luigi Rasi che non ebbero più nè chi le superasse nè chi le uguagliasse (I Comici ital. I, 802). Altre rappresentazioni