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142 ATTO SECONDO
Silvestra. La diga, sto viglietto principielo cussì?

Ferdinando adorabile.
Ferdinando.   Senz’altro, eccolo qui.
Voi potrete svelarmi quel che saper desio.
Chi vergò questo foglio?
Silvestra.   El carattere è mio.
Ferdinando. Dunque voi siete quella che ad onorarmi inclina?
Silvestra. (Veggio farme del merito, za no ghe ze Marina).
Certo quella mi son, come dise el biglietto.
Costretta notte e zorno a sospirar d’affetto.
Ferdinando. Ti ringrazio, fortuna, alfin scoperto ho il vero.
Ma il vostro cor, signora, posso sperar sincero?
Silvestra. Caspita! sincerissimo; le zovene par mie
In sta sorte de cosse no le dise busie.
Ferdinando. Oh ciel! siete fanciulla, vedova, o maritata?
Silvestra. Oh son putta, son putta.
Ferdinando.   Perchè andar scompagnata?
Silvestra. Gh’ho la mia compagnia qua da drio in t’un canton.
Son vegnua per parlarghe senza aver suggizion.
Ferdinando. (Al gesto, alla maniera, parmi che sia bellina).
La vostra condizione?
Silvestra.   Son quasi cittadina.
Ferdinando. Sarà per me una sorte ch’io non merito certo,
Servire una signora qual siete voi di merto.
Scopritevi, di grazia. Questo caffè non viene? (forte)
(Il desio di vederla mi fa vivere in pene). (da sè)
Nicolò. El caffè xe qua pronto.
Ferdinando.   Si smascheri, signora.
Silvestra. Vien zente?
Ferdinando.   Siamo soli. Affè, non vedo l’ora.
Silvestra. Me cognossela? (smascherandosi)
Ferdinando.   (Oimè!)
Silvestra.   Coss’è Sta?
Ferdinando.   Niente, niente.
Silvestra. Ghe vien mal?