Fernando. Perdonate, madama...
Marianna. Signor, di quest’onore
Sperar io non poteva consolazion maggiore.
Essere a’ piedi vostri supera ogni piacere:
Permettete, signore, ch’io faccia il mio dovere.
(puoi baciargli la mano)
Fernando. Che fate voi? (rilirando la mano)
Marianna. Lasciate, in segno di rispetto,
Ch’io vi baci la mano. (come sopra)
Fernando. Ah no, non lo permetto.
(come sopra)
Marianna. Se la bella umiltade ciò a ricusar v’impegna.
Spero che di tal grazia non mi crediate indegna.
Fernando. Con dama vostra pari il mio dover conosco.
(Dubito sotto il mele non si nasconda il tosco).
(da sè)
Marianna. Vi prego accomodarvi.
Fernando. Fatelo voi, signora.
(donna Marianna siede, e poi don Fernando)
(In un impegno simile non mi ho trovato ancora).
Marianna. Qual motivo conduce il principe Fernando?
Degna son di ottenere l’onor di un suo comando?
Fernando. Io fui, donna Marianna, del vostro genitore,
Fino ch’ei visse al mondo, amico e servitore.
La medesima stima serbo alla sua famiglia,
E vengo ad offerirmi all’unica sua figlia.
Marianna. Tal bontà generosa ogni mio merto eccede,
E il cuor mio in rispettarvi al genitor non cede.
Fernando. Per qual affar prendeste di Napoli il sentiero?
Marianna. Signor, non ho riguardi a palesarvi il vero.
Lo direi francamente di tutto il mondo in faccia;
Molto più a un cavaliere, di cui son nelle braccia.
Soffrir più non potea, dove ho il natal sortito,
Dai nobili e dal volgo venir mostrata a dito.
Eccola, mi diceva gente ribalda oziosa,