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IL PADRE PER AMORE 55
Se una ragion mi vieta porgere a voi la mano,

Questo mio cuor, ch’è vostro, voi rinunziate invano.
Isabella. Signor, lo stato vostro agl’imenei v’impegna;
Io son, per mia sventura, di possedervi indegna.
Nè di vietare intendo, che altra sposa felice
Goda di quell’amore che a me goder non lice.
Luigi. Oh ciel, con tanta pace, senza mostrarvi irata,
Alla fè rinunziate che avvi il mio cuor giurata?
Questo, deh perdonate se ardito è il mio sospetto,
Un segno si potrebbe chiamar di poco affetto.
Virtude è in chi ben ama anche lo stesso orgoglio.
Isabella. Di chi lagnarmi io deggio, se mi condanna un foglio?
Luigi. Il foglio è lacerato: quel che al cuor mio si oppone,
Sol nell’onor consiste.
Isabella.   Duca, vi do ragione, (sospirando)
Luigi. Ecco vien don Fernando.
Isabella.   Oh misera infelice!
Luigi. E a don Fernando unita vien la governatrice.
Isabella. Voglio fuggir.
Luigi.   Restate. (la trattiene)
Isabella.   Vederli io non ho cuore.
Luigi. Colpa voi non ne avete. Esser dee mio il rossore.

SCENA IV.

Il Principe don Fernando, donna Placida e detti.

Fernando. Duca, se amor cotanto sollecito vi rende,

Delle nozze il momento solo da voi dipende.
Il vostro e mio Sovrano agl’imenei consente.
Isabella. (Nulla gli è noto ancora). (da sè)
Luigi.   (Ancor non saprà niente).
Fernando. Figlia, alla gioia vostra nuova ragione addito.
Dopo tant’anni e tanti, in Napoli il marito
Giunse di donna Placida.
Placida.   Ciò mi fu detto or ora;