Petronilla. Ecco, signora mia, ecco il grazioso effetto
Del suo brillante spirito, del suo bell’intelletto.
A far conversazione coi cavalien unita,
La sua mente sublime alfine han saporita.
Tanto di lei rimase alcuno stupefatto,
Che tutti l’abbandonano.
Policarpio. (Io rido come un matto).
(da sè)
Petronilla. E voi non dite nulla? (a don Policarpio)
Policarpio. Ora che dir non so.
Aspetto un certo passo, e allora parlerò.
Petronilla. Parlerò io frattanto. Signora mia garbata,
Cominci in avvenire a viver ritirata;
Ci va dell’onor nostro lasciar che questo e quello
Di voi fra queste mura si serva di zimbello.
Per voi non vo’ privarmi di mia conversazione,
Ne vo’ che mi tenghiate per questo in soggezione.
Provai di maritarvi: se non ci son nuscita,
Andrete in un ritiro pel corso della vita.
Policarpio. (Or che ci va, sta bene). (da sè)
Barbara. Ecco, signori miei.
L’ora che vi ho veduto, quasi maledirei.
(al Duca ed al Cavaliere)
Petronilla. Sciocca!
Duca. Amico, a dir vero, provo un dolore interno,
Che mi farà per essa vivere in un inferno. (al Cavaliere)
Povera signorina! per noi perde uno stato.
Pagherei mille doppie a non aver giurato.
Cavaliere. Un impegno d’onore non vuol ch’io mi ritratti,
Ma consolata almeno la voglio a tutti i patti.
Troviamole un marito.
Petronilla. Sì, le occasion son pronte!
(con ironia)
Chi volete la pigli (’)?
(I) Ed. Zaita: Chi, volete, la piglia?