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548 ATTO QUINTO
Petronilla. E chi può custodirla, se non ci siamo noi?

Ho piacer di saperlo.
Policarpio.   Sì, lo saprete poi.

SCENA ULTIMA.

Tutti.

Barbara. Ecomi qui, signora, eccoci tutti insieme.

Petronilla. Ho da dirvi a quattr’occhi qualcosa che mi preme.
Barbara. S’ella parlar mi vuole del marital contratto,
Parli liberamente. Già quel ch’è fatto....
Policarpio.   È fatto.
Petronilla. Bene, a parlare in pubblico non ho riguardo alcuno.
Non ho, quand’ho ragione, soggezion di nessuno.
Sopra di tal proposito sentii più di un parere,
E tutti hanno deciso a pro del Cavaliere.
Cavaliere. Piano, signora mia, che ho da parlare anch’io.
Voi avete ragione, ma il Duca è amico mio.
Ch’egli di me si lagni, per certo io non concedo.
(a donna Petronilla)
Donna Barbara è vostra, signore, io ve la cedo.
(al Duca)
Petronilla. Come! a me. Cavaliere, si fa così gran torto?
Duca. L’offesa ad una dama, signore, io non sopporto.
Me la concesse il padre, è ver, coi labbri suoi;
Ma io per amicizia ve la rinunzio a voi. (al Cavaliere)
Petronilla. Il Duca è un uom d’onore. Barbara è vostra sposa.
(al Cavaliere)
Cavaliere. Anch’io so praticare un’azion generosa.
Corrispondo all’amico col più sincero impegno;
Ditemi, se la sposo, un cavaliere indegno.
Duca. Un’anima onorata non cede in tal cimento.
L’abbandono per sempre, e impegno il giuramento.
Policarpio. (Ci scommetto la testa, che il Duca e il Cavaliere
Sanno ch’è maritata! Stiamo un poco a vedere). (da sè)