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LA SPOSA SAGACE 527

SCENA VIII.

Petronilla, poi Policarpio.

Petronilla. So che don Policarpio desia di maritarla.

Per moglie a un cavaliere egli non può negarla;
E circa donna Barbara, il dir d’una fanciulla,
Quando così è disposto, non contasi per nulla.
Policarpio. Posso venir? (con affettazione)
Petronilla.   Fa grazia.
Policarpio.   Se no, comandi pure.
(mostrando di ritirarsi)
Petronilla. Cosa servono adesso queste caricature?
Meglio avereste fatto a star colla figliuola;
Con tre giovani al fianco, vi par stia bene sola?
Policarpio. Barbara nel suo quarto a ritirarsi è ita.
Il Duca e il Cavaliere giocano una partita.
Il Conte alla finestra parla non so con chi;
Ed io per riverirla sono venuto qui.
Petronilla. Davver, don Policarpio, mi fate venir male.
Policarpio. Lo so, signora mia, ch’io sono un animale.
Che non mi può vedere, che non mi stima un fico.
Petronilla. Orsù che si finisca; l’ho detto e lo ridico:
Codesta affettazione un corbellar si chiama.
Portatemi rispetto, che alfìn sono una dama.
Policarpio. Via, donna Petronilla, siate un pochin più buona.
Vorrei comunicarvi...
Petronilla.   Dov’è la mia poltrona?
Policarpio. Subito ve la porto. (va a prendere la poltrona)
Petronilla.   Da ridere mi viene. (ridendo)
Policarpio. Ridete? Eh poveraccio! non mi volete bene.
Petronilla. Perchè mai dite questo?
Policarpio.   Perchè se al genio mio...
Aspettate un pochino, voglio sedere anch’io.
(va a prendere una sedia, e si pone a sedere)
Petronilla. (Ora mi muove il vomito). (da sè)