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LA SPOSA SAGACE | 489 |
Policarpio. Ha ragion; dice bene.
Petronilla. Quando poi non voleste che fosse maritata
Con un di basso rango, come sua madre è nata.
Ma dopo che una dama venuta è in queste soglie,
D’un cavaliere anch’essa potria divenir moglie.
E a voi la vostra figlia dev’essere obbligata,
Veggendo la sua casa per me nobilitata.
Policarpio. Con trentamila scudi e il vostro parentato
Si potrà per mia figlia trovare un titolato.
Ma un di quei titolati che ha stabili e danari,
Non di quei che hanno feudi nei spazi immaginari.
Petronilla. Come sarebbe a dire il conte d’Altomare.
Policarpio. Un Conte che non conta. Non gliela voglio dare.
Di trentamila scudi la dote è comodissima.
Poi, se non ho altri figli, un dì sarà ricchissima.
Petronilla. Con una moglie al fianco voi ne averete un dì.
Policarpio. Credo sarà difficile, fin che farem così.
SCENA V.
Moschino che porta il brodo, e detti.
(a Meschino, placidamente)
Moschino. Ho sempre in questa casa da essere strapazzato?
Petronilla. Sentite come parla? (a don Policarpio)
Policarpio. Taci; non si risponde, (a Moschino)
Petronilla. La servitù di casa per me non si confonde.
Che fai che non ti muovi? (a Moschino)
Moschino. Son qui per obbedirla.
Petronilla. Costui non sa far nulla. (a don Policarpio)
Policarpio. Farò io, per servirla.
Dammi quella salvietta.
(prende la salvietta di mano a Moschino e la stende dinanzi a donna Petronilla.)