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a introdurlo in casa. Uno strattagemma della nipote salva il vecchio e rimette ogni cosa a posto a gloria della virtù. «Un miscuglio di verismo sguaiato e di sentimentalità artificiosa, attraverso cui va perduta l’evidente derivazione dalla Donna di governo goldoniana». Così G. De Frenzi in un suo studio sul commediografo romano (Rivista politica e letteraria, Roma, marzo-maggio 1901, p. 17 dell’estr.; vedi un giudizio concorde nell’Ottocento di G. Mazzoni, a pag. 157 [in corso di pubblicazione]). Di tipo prettamente goldoniano è invece la deliziosa Cameriera astuta di Riccardo Castelvecchio, che alla commedia del Nostro deve «caratteri, intreccio e andamento» (Giovagnoli, Meditazioni d’un brontolone, Roma, 1887, f. 217). «Se la leggesse o l’udisse Carlo Goldoni — scrive il Costetti — inforcherebbe gli occhiali sul naso per accertarsi che lo scartafaccio non fosse proprio di mano sua» (Il teatro italiano nel 1800, 1901, p. 28). Vi si avvertono in verità palesi ricordi della Donna dii governo e di tutte le consorelle goldoniane. Ma più ancora che nella riproduzione materiale di fatti e figure, il Castelvecchio seppe essere imitatore felicissimo nel tono, nel disinvolto maneggio del dialetto e del verso martelliano. Il suo lavoro fu meritamente premiato a Torino nel 1858.

Il dedicatario, conte Carlo Pepoli, figlio d’Alessandro e di Ginevra Isolani, nacque a Bologna il 31 agosto 1708. Fu senatore della sua città e Procustode di quegli arcadi. Quando, nel 1739, per alcune «triche» ch’ebbe con la Legazione passò a stabilirsi a Venezia (Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, 1788, vol. VI, p. 347), portò colà le predilezioni, comuni allora a tutti i patrizi bolognesi, per il palcoscenico. Avevano anche i Pepoli il loro teatrino in casa e il loro nome ricorre frequente tra i dilettanti felsinei (cfr. Ricci, I Teatri di Bologna, 1888, pp. 44, 46, 273 e Cosentino, Un teatro bolognese del secolo XVIII, 1900, pp. 13, 14). Nessuna meraviglia dunque se il conte Carlo «gran protettore ed amico tenerissimo dei letterati» (Fantuzzi, ibid.) strinse col Goldoni rapporti che gli valsero la presente dedica. A questa, meglio certo che alle sue Lettere instruttive intorno alla tavola di Cebele, (Venezia, MDCCLXXl) e ai suoi scritti di fisica, geometria ed algebra, resta un po’ raccomandato il suo nome. Avea sposato nel 1754 Maria Grimani e fu suo figlio Alessandro Pepoli, scrittore teatrale. Morì nel 1777 ed ebbe sepoltura a Bologna.

E. M.


La Donna di governo fu stampata la prima volta l’anno 1761 a Venezia, nel t. VIII del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G., edito dal Pitteri; e uscì ancora a Venezia nell’ed. Savioli (VIII, 1773) e nell’ed. Zatta (cl. 3, I. VIII, 1793), a Torino nell’ed. Guibert e Orgeas (VIII, 1776), a Livorno nell’ed. Masi (IX, 1789), a Lucca nell’ed. Bonsignori (XXVIII, 1792) e forse altrove nel Settecento. - La presente ristampa seguì più d’ogni altra l’ed. Pitteri curata dall’autore. Valgono le solite avvertenze.