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LA DONNA DI GOVERNO 451
Baldissera. (Urla, e fa cenno a Valentina che si raccomandi.)

Valentina. Or che son maritata, signor, vuol l’onor mio,
Che di qua me ne vada con mio consorte anch’io.
Seguir voglio il costume delle consorti oneste.
Mi ricorderò sempre del ben che mi faceste.
Quel che ho male acquistato, vi rendo immantinente.
Fabrizio. No, portate via tutto. Da voi non vo’ niente.
Godetevelo in pace. Il ciel vi dia quel bene.
Che a me per causa vostra sperar più non conviene.
Vi perdono ogni cosa, mi scordo delle offese.
Venite a ritrovarmi almen due volte al mese.
Valentina. Accetto volentieri il generoso invito.
Sì, verrò a ritrovarvi unita a mio marito.
Nuovamente vi chiedo perdon di vero cuore.
Chiedo, di quel che ho fatto, perdono alle signore;
Lo chiederò umilmente a chi mi soffre e onora,
Perdon da chi mi ascolta il mio rispetto implora.
Se donne di governo mi avessero ascoltata.
Lo so che giustamente mi avranno criticata.
Dal teatro alla casa vi corre un gran divario,
Un carattere è il mio del tutto immaginario.
L’ha sognato il poeta, e poi l’ha posto in scena,
Che di femmine buone tutta la terra è piena.

Fine della Commedia.