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442 ATTO QUINTO
Rosina.   Davver?

Dorotea.   Ve lo protesto.
Rosina. Comanda lei?
Dorotea.   Fraschetta! so quel che dico.
Ippolito.   Io resto.
Giuseppina. L’affar chi ha maneggiato?
Ippolito.   Valentina, signora.
Giuseppina. Parlaste collo zio?
Ippolito.   Non l’ho veduto ancora.
Dorotea. Le nozze colle serve si trattano così?
No, non si farà niente.
Ippolito.   Or ora io casco qui.
Rosina. Non temete di nulla. (ad Ippolito)
Ippolito.   Davver? (con allegria)
Rosina.   Fino ch’io viva,
Sarò vostra.
Ippolito.   Davver?
Rosina.   Ve lo prometto.
Ippolito.   Evviva.
(saltando per allegrezza)

SCENA VIII.

Fulgenzio, il Notaro e detti.

Fulgenzio. Ecco, ecco il notaro. Il signor Malacura

Vi dirà da se stesso, se fatta ha la scrittura.
Notaro. Sì, signori, l’ho fatta, non son tre ore ancora.
Fulgenzio. Sono io il scimunito1? Che dice la signora? (a Dorotea)
Dorotea. Han sottoscritto i sposi? (al Notaro)
Notaro.   Certo, di mano in mano
Hanno il nuzial contratto soscritto di lor mano2.
Dorotea. E voi, signor bugiardo (a Ippolito), e voi, sciocca
  insolente, (a Rosina)
Venite a dire a tutti che non sapete niente?

  1. Ed. Zatta: Son io lo scimunito?
  2. Ed. Pitteri: di sua mano.