Valentina. L’amate sì o no?
Ippolito. Ma sì, non ve l’ho detto?
Valentina. Or che lo dite, il so.
E voi, signora mia, me lo volete dire? (a Rosina)
Rosina. Ma che bisogno c’è che mi fate arrossire?
Non ve l’ho detto in camera?
Valentina. Replicatelo qui.
L’amate o non l’amate?
Rosina. L’amo.
Ippolito. Ha detto di sì.
(saltando per allegrezza)
Valentina. La volete in isposa?
Ippolito. Io?
Valentina. Sì, voi; la volete?
Ippolito. Dorme il signor Fabrizio?
Valentina. Dorme. Di che temete?
Aprite quella bocca. Spicciatevi. E così?
Ippolito. Dirò quel ch’ella dice. (accennando Rosina)
Valentina. Voi cosa dite? (a Rosina)
Rosina. Sì.
Ippolito. Viene il signor Fabrizio? (tremando con allegrezza)
Valentina. Non viene, e s’ei venisse,
A tutto quel che ho fatto, giammai mi contradisse.
Oggi sarete sposi; lo zio darà la dote
Per legge di natura dovuta alla nipote.
Ma poi circa la dote, ci parleremo insieme. (ad Ippolito)
Ippolito. Io che ho da far di dote? La dote non mi preme.
Bastami.... (arrossendo)
Valentina. Via, che cosa? Perdeste la favella?
Ippolito. Bastami (voglio dirlo) quella grazietta bella.
Valentina. Voi nelle vostre camere a ritirarvi andate. (a Rosina)
Voi nel caffè vicino ad aspettar restate. (ad Ippolito)
Ippolito. Fate presto. (a Valentina)
Valentina. A momenti.
Rosina. Non mi tenete in pene, (a Valentina)