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396 ATTO SECONDO
Ma se davver mi amaste, con lor cambiando tuono,

Li mandereste tutti al diavol quanti sono.
Fabrizio. Sì, al diavol quanti sono li manderò, vel giuro.
Lo so che voi mi amate, lo so, ne son sicuro.
Di quel pensier ch’io nutro, presto verremo al fine;
E a chi di voi mi parla...
Valentina.   Ecco le nipotine. (con ironia)

SCENA V.

Giuseppina, Rosina e detti.

Giuseppina. (Non temete niente, la scena ha da esser bella).

(piano a Rosina)
Rosina. (Ma io non ho coraggio.) (piano a Giuseppina)
Giuseppina.   (Parlerò io, sorella).
(come sopra)
Fabrizio. Qual affar, signorine, vi porta in questa stanza?
Giuseppina. Ci porta, per dir vero, un affar d’importanza.
Non è vero, Rosina?
Rosina.   Per me poco mi preme.
Mia sorella ha voluto ch’io ci venissi insieme.
Valentina. Certo, se la signora si è presa tanta cura,
Convien dire che sia la cosa di premura. (con ironia)
Giuseppina. La cosa veramente tanto non preme a noi,
Quanto dovrebbe premere al zio Fabrizio e a voi.
Valentina. A me, signora mia?
Giuseppina.   A voi. Non è creanza
Che facciate aspettare quell’uomo in quella stanza.
(accenna la camera dov’è Baldissera)
Valentina. (Ecco un novello imbroglio). (da sè)
Giuseppina.   E il zio, che ha carità.
Dovrebbe coll’amante lasciarla in libertà.
Fabrizio. Come? che cosa dite? Parlate chiaramente.
Giuseppina. Ditelo voi, sorella. (a Rosina)
Rosina.   Oh, io non dico niente.