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382 ATTO PRIMO
In giovine dabbene codesta è una vergogna.

(parlando come sopra)
Rosina. Dice a me, signor zio?
Fabrizio.   Anche a voi, se bisogna.
(voltandosi nel sentirla parlare)
Rosina. Io non ho colpa in questo; è stata mia sorella.
Fabrizio. Giuseppina? Che ha fatto codesta sfacciatela1?
Rosina. Siete in collera?
Fabrizio.   E come! la bile mi vien su.
Rosina. Oh, se voi siete in collera, io non vi parlo più.
Fabrizio. Via, il caldo mi è passato. (Sentiam quel che sa dire).
Rosina. Quando vi vedo in collera, mi sento intirizzire.
Fabrizio. Via parlate, Rosina, in collera non sono.
Rosina. Griderete s’io parlo?
Fabrizio.   No, con voi sarò buono.
Rosina. Chi ha detto dello sposo?
Fabrizio.   La stessa Giuseppina.
Rosina. E mi dice ch’io taccia? che cara sorellina!
Ch’io taccia; ed ella parla! Mi piace, per mia fè.
Vorrebbe far cadere il mal sopra di me.
Ella è stata cagione, che anch’io contro al mio solito
Ho parlato a quel giovane.
Fabrizio.   A chi?
Rosina.   Al signor Ippolito.
Fabrizio. E chi è codesto Ippolito?
Rosina.   Come! non lo sapete?
Fabrizio. Non lo so, disgraziata. (con isdegno)
Rosina.   Ecco, in collera siete.
Se vi veggo sdegnato, dubbio non v’è ch’io dica.
Fabrizio. Son placido, son cheto. (Faccio una gran fatica).
Voi col signor Ippolito parlaste; e la sorella?
Rosina. Col signore Fulgenzio ha favellato anch’ella.

  1. Così nelle edd. Pitteri, Guibert-Orgeas ecc. Ma nell’ed. Zatta fu stampato: «Rosina. Io non ho colpa in questo; è stata mia sorella - Giuseppina: che ha fatto? Fabrizio. Codesta sfacciatella... - Rosina. Siete in collera ecc.».