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LA DONNA DI GOVERNO 375
Valentina.   Mi scaldo con ragione.

Fabrizio. Non sapea che dormiste.
Valentina.   No, non vi è discrezione.
Ritrovatene un’altra che faccia quel ch’io faccio.
Se non foss’io... ma basta, fo il mio dovere, e taccio.
Del faticar sinora non mi ho mai lamentato;
Spiacemi aver che fare con un padrone ingrato.
Fabrizio. No, cara Valentina, ingrato io non vi sono.
Se ho detto quel che ho detto, vi domando perdono.
Ho questo naturale perfido e doloroso,
Facilmente mi accendo, ma poi sono amoroso;
Amoroso con tutti, e più con voi, carina.
Non so che non farei per la mia Valentina.
Valentina. Questa è la gratitudine che dal padron si aspetta:
Possa cascarti il cuore; che tu sia maladetta.
Mi alzo per faticare, che ancor non ci si vede,
Ed ei cogli strapazzi mi rende la mercede.
Fabrizio. Puh, mi darei nel capo un colpo micidiale.
(dandosi da sè stesso un pugno nella testa)
Valentina. (Batti, accoppati pure). (da sè)
Fabrizio.   Lo so ch’io son bestiale.
E voi pure il sapete, e compatir conviene
Qualche volta il difetto di un uom che vi vuol bene.
Valentina. Se fosse qualche volta, pazienza, soffrirei;
Ma gridar tutto il giorno! vivere non potrei.
Fabrizio. Per l’avvenir vedrete ch’io mi regolerò.
Fate quel che volete, mai più non griderò.
Valentina. Certo, signor, se foste più mansueto un poco,
Per voi, se bisognasse, mi getterei nel foco.
Vi servo con amore, son proprio interessata
Nel ben di questa casa.
Fabrizio.   Sì, vi ho sperimentata,
Conosco il vostro merito, vedo il vostro buon core.
Lo so che mi servite con zelo e con amore.
E un dì... basta, per ora di più non posso dire,