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LA DONNA DI GOVERNO 371
Ed erano le donne della saviezza il tempio,

Perchè dai lor mariti si dava il buon esempio.
Ora questi signori von tutti i spassi suoi,
Ed essere gelosi pretendono di noi?
Tu, malandrin, sei pieno di vizi infino agli occhi,
E mostri aver paura che il mio padron mi tocchi?
A lavorar principia, metti il cervello a segno,
E di condurmi allora a modo tuo m’impegno.
Ma fin che non ti vedo di mantenermi in grado,
Ti voglio ben, nol niego, ma al tuo parlar non bado;
Conosco il mio bisogno, di te non mi assicuro,
Un pane alla famiglia coll’arte mia procuro,
E se tu sei geloso, e se soffrir non puoi,
O trovati un impiego, o bada ai fatti tuoi.
Baldissera. Se impiegarmi potessi, vivrei più civilmente,
Ma ho una difficoltà.
Valentina.   Che è?
Baldissera.   Non so far niente.
Valentina. Non potresti servire?
Baldissera.   Servire? ho i miei riguardi.
Son solito dal letto levarmi un poco tardi.
Sentirmi comandare avvezzo non son io.
Mi piace, e mi è piaciuto, far sempre a modo mio;
E se il padron dicessemi una parola torta,
Andrei le mille miglia lontan dalla sua porta.
Valentina. Chi serve, ha da soffrire.
Baldissera.   Servir non fa per me.
Valentina. Qualche cosa nel mondo devi pur far.
Baldissera.   Perchè?
Ho vissuto finora senza far nulla, e adesso
Dovrei morir di fame con una moglie appresso?
Valentina. Briccon, speri di vivere soltanto in grazia mia,
E poi non ti vergogni parlar di gelosia?
Baldissera. Sì, cara Valentina, che ti approfitti io godo,
Ma son un galantuomo, non vo’ saperne il modo.