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ottime mediocri e pessime e le dichiara classiche tutte. Nuoce, a parer suo, alla Bizzarra solo «l’insulsaggine» del metro (Della vita e delle opere di C. G., Milano, 1827, pp. 132, 169). Del resto negli studi intorno al Nostro troviamo solo fuggevoli rilievi che non toccano le qualità del dramma. Come altre volte nel teatro goldoniano - osserva il Dejob - al matrimonio della contessa col capitano si chiamano testimoni i servitori benchè gli sposi sien gente di qualità. Nella Madre amorosa ciò si spiega con ragioni d’economia. Testimoni di condizione più elevata volevano un costoso rinfresco! (Les femmes dans la com. franec. et ital. au XVIIIe siecle. Paris, 1899, p. 93). Avverte lo Schmidbauer che il barone Federico rientra nella ricca galleria dei giocatori goldoniani senza recarvi una nota originale (Das Komische bei G., Mùnchen, 1906, p. 61).

Questa Donna bizzarra che nel teatro del babbo suo conta due sorelle (la volubile e la stravagante) ebbe successione in quello de’ suoi continuatori? V. Malamani scrisse: «Il Bon concepì l’audacissima idea di parodiare il gusto del pubblico, scrisse la Donna dei romanzi con più efficacia del Goldoni (Donna bizzarra)» (Rivista minima, anno XII, fasc. IX, p. 675). L’affermazione è ripetuta a pag. 47 del fascicolo goldoniano dell’Ateneo veneto [1907]. Ma nè il Goldoni con la sua commedia volle parodiare il gusto (quale?) del pubblico, nè si riesce a scorgere, o sarebbe possibile, il più lontano rapporto tra questo lavoro e quello del Bon. Nell’allegra sua farsa in tre atti l’autore del Ludro fece la parodia di due zitelle - una governante e la ragazza affidata alle sue cure - che piena la testa dei romanzi della Radcliffe, si son date alle più pazzesche romanticherie. E non ha un briciolo di ragione neppure il Brofferio quando nella Donna irrequieta del Nota avverte «molte e forse troppe reminiscenze» di questa D. b. (I miei tempi, Torino, 1904, vol. V, 38, cap. LXX).

Se gli studiosi fino ad oggi non si curarono d’assegnare alla D. bizzarra un posto che sia nella produzione del suo autore, non l’ignorò certo la scena. Attrici di grido l’ebbero cara. Divide essa la buona fortuna toccata alle altre commedie dell’a., scritte per i filodrammatici, se anche non resta viva e vegeta oggi ancora come il Cavalier di spirito, l’Avaro e l’Osteria della posta, compagne ancor più avventurate.

Seguono qui per ordine di tempo altre recite della Donna bizzarra, rintracciate in libri e giornali, e vi si aggiungono qua e là, le voci dei critici del tempo. Superfluo avvertire il sagace lettore che a una notizia isolata riflettente una Compagnia corrispondono nel più dei casi più recite, dato l’uso de’ nostri comici di svolgere su per giù in ogni piazza lo stesso repertorio.

1765, recita dei Convittori del Collegio di Modena, goldoniani ferventi come insegnano queste I (cfr. Gandini Cronistoria, ecc. Modena, 1873, vol. II, p. 249).

1806, primavera, al Valle di Roma, Comp. Consoli Zuccato. Il Giornale de’ Teatri di Roma (sottotitolo della Gazzetta de’ Teatri d’Italia) loda degli esecutori il Pertica nella parte del ciarlone e la Zannerini, protagonista.

1815, Napoli. «Dietro Molière - scrive il 12 marzo di quell’anno il Bon all’amico suo ingegnere Casoni - dassimo (sic) La Donna bizzarra - Armidoro... Ebbi un esito fortunatissimo» (Bratti. Sette lettere di F. A. B., Riv. teatr. ital, 1907, vol. XII [1907], p. 113). Il Bon, nato nel 1788, recitava allora in Compagnia Perotti.