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348 ATTO QUINTO
Capitano.   Ingrata.

Contessa.   Si vede l’amor che mi portate.
Capitano. Io? vi adoro, crudele; voi sì, che m’ingannate.

SCENA VI.

Don Armidoro e detti

Armidoro. Signora, vi domandano... (alla Contessa)

Contessa.   Andate via di qua;
Dove avete imparata questa temerità?
Non si va dalle dame con tanta confidenza.
In casa mia non voglio soffrire un’insolenza.
Armidoro. Oh cospetto di bacco, non sono un turlulù.
Non dubiti, signora, non ci verrò mai più.
Dei mali trattamenti, per dirla, io son satollo;
Se più vengo qua dentro, mi si scavezzi il collo.
(parte)

SCENA VII.

La Contessa ed il Capitano.

Contessa. Che mi caschi la testa, se me n’importa un fico;

Già fra quanti qui vengono, ninuo è mio vero amico.
(adirata)
Capitano. Ci sono io, signora. (con del caldo)
Contessa.   Su via, se tal voi siete,
Quale prova mi date? (altera)
Capitano.   Tutto quel che volete. (dolce)
Contessa. Finto.
Capitano.   Son uom sincero.
Contessa.   Bella sincerità.
Dir di me al servitore cotante iniquità!
Capitano. Ma volete capirla, che amor mi fe’ parlare? (adirato)
Contessa. Amor? che amore è questo? (sdegnosa)
Capitano.   Mi farei trucidare.
(arrabbiato)