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LA DONNA BIZZARRA 343

SCENA III.

Il Barone, il Notaro e detti.

Barone.   Schiavo di lor signori.

Questo signor mi ha detto, che voi mi domandate.
(alla Contessa, accennando Armidoro)
Eccomi pontuale; cosa mi comandate?
Contessa. Concludere dobbiamo codesto matrimonio.
Potran questi signori servir per testimonio;
Ed eccovi il notaro, che stenderà il contratto.
Barone. A che serve il notaro? non l’ho io bell’e fatto?
Vi metterà due ore a fare un istrumento;
Ed io le cose mie le spiccio in un momento.
Contessa. Quand’è così, il notaro avrà un affar di meno,
Ma s’ei non lo distese, deve rogarlo almeno.
Fate ch’egli lo senta.
Barone.   Uditelo, e imparate (al Notaro)
Come si fan le scritte succinte ed abbreviate.
Notaro. Cos’è questo, signore?
(al Barone, Vedendo una scrittura lunghissima di più fogli)
Barone.   Bella caricatura!
Il contratto di nozze.
Notaro.   Sei carte di scrittura?
E poi per la lunghezza si lamenta di noi?
Barone. Udite, e poi parlate. Cosa sapete voi?
Quel che ho scritto in sei carte, io son di sentimento
Che voi non l’avereste scritto nemmeno in cento.
Notaro. Sentiam che cosa dice.
Contessa.   Sei carte di scrittura?
Signor, per quel ch’io vedo, sarà una seccatura.
Barone. Prima che la sentiste, voi vi lagnate invano.
Contessa. (Ah, non vorrei per questo stancare il capitano).
Barone. Addì nove d’Aprile... Se poi non si farà
Sotto di questa data, il dì si cambierà.
Il nobile signore Federico Nerbone,