Cavaliere. Allor non si è pensato che a procurarle aita;
Per un secondo messo la nuova ho a voi spedita.
Credei colà vedervi, ma lo sperar fu vano.
Fernando. Era per mia sventura vicino al mio Sovrano.
Pria di vedere il messo, pria di esser congedato,
Giunse la notte, e seppi l’evento sfortunato.
Ora l’andar che giova dell’infelice accanto,
Il cadavere freddo a inumidir col pianto?
Cavaliere. Sono i sudditi vostri, i vostri servi e amici,
Pronti per onorarla ai più divoti uffici.
La virtù vi disponga a serenar le ciglia,
La perdita ristori l’amor di vostra figlia.
Fernando. Sì, quest’unico frutto del marital mio letto
È l’unico conforto, che mi rimane in petto.
Dolce, cara Isabella, figlia di genitrice
Con cui, vivendo in pace, passai vita felice;
Per essa raddoppiati saran gli affetti miei,
Mirando il cuor dolente la genitrice in lei.
Cavaliere. Signor, ella è già nubile; se tal dite d’amarla,
Pria di mancar voi stesso, pensate a collocarla.
Fernando. Ci penserò.
Cavaliere. Signore, le preci sue divote
Vi offre per ottenerla un ch’è vostro nipote.
Fernando. Chi? Il duca don Luigi?
Cavaliere. No, non è il fratel mio
Che vi chiede la figlia, no, mio signor, son io.
Fernando. Nipote, perdonatemi, recami maraviglia.
Che da un secondogenito si chieda una mia figlia.
Un cavalier cadetto, un che deve avanzarsi
Nei gradi militari, non pensa a maritarsi.
Cavaliere. Contro di una tal legge parlar mi sia permesso.
Siam, mio germano ed io, nati da un sangue istesso:
È un semplice accidente, che sia sortito al mondo
Nella medesma culla un primo ed un secondo.
Oltre di ciò, mio padre con amorosa cura